Cervelletto in anatomia e filogenesi
in 56 specie di mammiferi
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 30 settembre
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Appena due settimane fa abbiamo ricordato che la
nostra società scientifica è impegnata
fin dalla sua fondazione[1] a promuovere la conoscenza dei risultati della
ricerca sul cervelletto e, presentando e illustrando gli esiti dei nuovi studi,
ha precorso i tempi nel superamento della concezione classica di struttura
esclusivamente dedicata alla regolazione e al controllo posturale e del
movimento. Abbiamo anche notato, recensendo un lavoro su un ruolo del
cervelletto nella memoria, che lo studio mediante risonanza magnetica nucleare
funzionale (fMRI) di numerosi processi psichici, cui prendono parte i sistemi
neuronici cerebellari, ha contribuito al più generale cambiamento di impostazione
e prospettiva della neurofisiologia degli ultimi due decenni.
Ora, Katja
Heuer, Roberto Toro e colleghi hanno appena ottenuto la pre-pubblicazione online
del loro accurato studio sul processo embriogenetico e filogenetico di folding delle due cortecce encefaliche, con la
valutazione dell’anatomia comparata del cervelletto in 56 diverse specie di
mammiferi, al fine di affrontare annosi problemi irrisolti sul significato fisiologico
e filogenetico della morfologia cerebellare e, in particolare, dell’organizzazione
in folia della corteccia.
Lungi dal
risolvere tutti i problemi dei rapporti tra embriogenesi, filogenesi e
fisiologia, lo studio propone interessanti spunti per ulteriori riflessioni e
studi.
(Heuer
K., et al., Diversity and evolution of cerebellar folding in mammals. Elife – Epub ahead
of print doi: 10.7554/eLife.85907, Sept.
22, 2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Institut Pasteur, France,
Falkland Islands (Malvine); Institut Pasteur, Paris (Francia);
Bath Spa University, Bath (Regno Unito); Max Planck
Institute for Human Cognitive and Brain Sciences, Leipzig (Germania);
University Claude Bernard Lyon 1, CNRS, ENTPE, UMR 5023, Villeurbanne (Francia).
Come già abbiamo fatto due settimane
fa[2] proponiamo un richiamo all’anatomia del cervelletto, che qui si riprende
per la parte relativa alla corteccia da una nostra recensione di tre anni fa[3] e, per la struttura nucleare, da un altro nostro articolo di due anni or
sono[4].
Il cervelletto è quella parte dell’encefalo che occupa la fossa
cranica posteriore ed è presente in tutti i vertebrati con uno sviluppo
proporzionato a quello del cervello. Si presenta costituito da tre parti: una
struttura mediana di minore dimensione denominata verme cerebellare,
corrispondente al cervelletto primitivo presente anche nei più bassi vertebrati
(paleocerebello), e due espansioni laterali dette emisferi cerebellari.
È situato nella loggia cerebellare delimitata dal tentorio e si sviluppa
sotto il cervello, dietro il ponte, sopra il bulbo. Il suo diametro trasverso
raggiunge un massimo di dieci centimetri, mentre verticalmente supera raramente
i cinque centimetri per un peso complessivo medio di 140 g, ossia l’ottava
parte del peso del cervello. I solchi del cervelletto consentono di ripartirlo
in tre lobi e numerosi lobuli, accuratamente descritti dagli antichi anatomisti
secondo criteri che non hanno trovato riscontro fisiologico o utilità clinica.
Il
fascino esercitato sugli antichi morfologi dalla struttura corticale
cerebellare costituita da innumerevoli lamelle è stato superiore a quello dell’organizzazione
in rami e ramoscelli diretti ai lobuli della sostanza bianca del centro midollare
o tronco, cui diedero il suggestivo nome di albero della vita. Contrariamente
a quanto creduto da alcuni studiosi contemporanei di storia della medicina,
questa denominazione non trae affatto origine dall’erronea attribuzione al
cervelletto di un ruolo vitale nella fisiologia dell’organismo, ma dall’analogia
morfologica con la tuia (Thuja, L. 1753), una
pianta arborea sempreverde delle Cupressaceae che presenta, al posto di
foglie larghe, verdi diramazioni e sotto-diramazioni multiple costituite da
minuscole scagliette foliacee[5]. A differenza del cervello, in cui la
sostanza bianca ha un’enorme espansione indipendente con le sue strutture
interemisferiche e il centro ovale di Vieussens, entrando solo perifericamente nella
costituzione dei giri corticali, nel cervelletto l’aggregato pirenoforico
corticale segue come un rivestimento tutte le diramazioni della sostanza bianca
che, nell’aspetto morfologico macroscopico delle sezioni dell’organo, appare
come un semplice complemento della preponderante struttura grigia.
La corteccia
del cervelletto ha lo spessore di un millimetro o un millimetro e mezzo, e
al taglio rivela due zone di aspetto differente: 1) uno strato esterno o
superficiale di colore grigio pallido; 2) uno strato interno o profondo
dal colorito tendente al fulvo rossastro, che giustifica la definizione di strato
rugginoso.
L’esame
microscopico della corteccia cerebellare consente di distinguere uno strato
esterno o molecolare, che costituisce circa la metà dell’intera struttura e
presenta abbondanza di fibre e scarsità di cellule, e uno strato interno o
granuloso caratterizzato da numerosissime cellule.
Fra queste
due lamine di tessuto grigio si interpone uno strato intermedio o zona
mediana, sottile ma caratterizzata da una fila di neuroni esclusivi del
cervelletto e dalla morfologia inconfondibile: le cellule di Purkinje.
Le cellule
di Purkinje sono disposte a formare una fila abbastanza regolare, anche se a
tratti si notano lievi irregolarità, perché alcuni di questi neuroni inibitori
GABAergici sono dislocati verso la superficie esterna della corteccia, non in
linea con la maggioranza, tanto da meritarsi il nome di “cellule spostate”, con
il quale erano state descritte da Santiago Ramon y Cajal. Le cellule di Purkinje
sono piriformi, con l’asse maggiore di 50-60 micron e una larghezza non superiore
ai 25-30 micron, e presentano al polo superiore, rivolto verso la superficie
esterna della corteccia, un tronco dendritico di grande calibro che si divide
presto in grosse diramazioni principali, dalle quali originano, con una
morfologia che ricorda un po’ quella dei rami della quercia, diramazioni
secondarie e terziarie, che penetrano nello strato molecolare. L’espansione a
ventaglio si risolve in una “lussureggiante arborizzazione che si può seguire
fino alla superficie piale”[6], secondo la descrizione classica. Sui rami si
possono osservare le numerosissime spine dendritiche, che in questi
neuroni sono state accuratamente studiate nell’ultrastruttura al microscopio elettronico.
È interessante la disposizione della fitta arborizzazione dendritica delle
cellule di Purkinje, che Obersteiner paragonò a una pianta di vivaio fatta
sviluppare intorno a un “sostegno a spalliera”, da cui la denominazione di spalliera
dendritica che si adotta attualmente. Questa struttura è infatti disposta
su un piano ortogonale rispetto a quello principale della lamella della
corteccia del cervelletto, per cui si dice che l’arborizzazione a spalliera “si
espande per traverso alla lamella”[7].
Dal polo
opposto o interno della cellula di Purkinje origina il neurite che diventa
cilindrasse, ossia assone rivestito di mielina[8], presentando la caratteristica di un diametro
inferiore a quello del tronco dendritico, all’opposto di quanto accade per la
maggior parte dei neuroni. Dopo un tratto più o meno breve, l’assone emette rami
collaterali, alcuni dei quali terminano nello strato granuloso mentre altri
risalgono come collaterali retrogradi fino al molecolare dove assumono
decorso orizzontale e terminano circondando con una terminazione anulare il
tronco dendritico della stessa cellula, di un’altra o di numerose altre cellule
di Purkinje, realizzando un controllo inibitorio retrogrado dell’input
che arriva dalle sinapsi formate dalle spine della spalliera dendritica con i
neuriti dei neuroni che compongono la citoarchitettonica corticale. Dopo aver
emesso i collaterali, proseguendo il suo percorso, il neurite entra con la
miriade di altri cilindrassi omologhi nella sostanza midollare, dove
costituisce la connessione diretta ai nuclei centrali del cervelletto, ossia la
via cortico-nucleare cerebellare.
In estrema
sintesi la struttura della corteccia cerebellare può essere schematizzata come
segue.
1)
Lo strato molecolare, esterno, caratterizzato
dalla cellula dei canestri: contiene ramificazioni dendritiche delle cellule
di Purkinje, le fibre rampicanti e i rami orizzontali dei neuriti dei
granuli, che costituiscono la maggioranza delle fibre di questo strato.
2)
Lo strato granuloso, interno, caratterizzato
dal tipo neuronico del granulo e dai caratteristici glomeruli cerebellari
nei quali si incontrano le fibre muscoidi e i dendriti dei granuli. Tutto
lo spessore è attraversato da fibre muscoidi e fibre rampicanti, come
da tutte le altre fibre afferenti, e contiene il corpo delle cellule a pennacchio,
particolari elementi della glia descritti per la prima volta da Cajal.
3)
Lo strato intermedio delle cellule di Purkinje
attualmente descritto come parte dello strato molecolare, che è stato
considerato in passato l’elemento base del cervelletto. Infatti, alle singole
cellule di Purkinje, che ricevono segnali dalle fibre rampicanti direttamente e
dalle fibre muscoidi indirettamente per interposizione dei granuli, e forniscono
l’unico output dalla corteccia, è stato dato il nome di “cervelletto
istologico”.
La corteccia del cervelletto è la regione dell’encefalo in cui è stata
stabilita con maggiore precisione la correlazione fra anatomia e fisiologia, e l’affascinante
ricerca che ha portato alla definizione della sua architettura cellulare ha
avuto inizio nel 1888 con gli studi realizzati da Santiago Ramòn y Cajal, usando
il metodo dell’impregnazione argentica di Camillo Golgi, ed è proseguita nel
secolo successivo grazie soprattutto alle osservazioni di sir John C. Eccles e collaboratori.
Dalla scuola di Eccles proveniva Rodolfo R. Llinas, che nel 1975 integrò il suo
contributo sperimentale in una sintesi schematica e concettuale resa in una iconografia
ancora oggi adoperata per illustrare la disposizione nelle tre dimensioni dello
spazio degli elementi che formano i circuiti della corteccia cerebellare[9].
Con questi studi classici fu anche definita la natura delle fibre
muscoidi e delle fibre rampicanti. Entrambi i tipi di assoni sono eccitatori,
ma obbediscono a criteri funzionali differenti e sostanzialmente opposti.
Le fibre rampicanti provengono da formazioni distanti, come il nucleo
olivare inferiore, e ciascuna si dirige verso la cellula di Purkinje che
costituisce il suo specifico bersaglio fin dallo sviluppo embrionario e sulla
quale forma anche più di 300 sinapsi: la scarica della fibra rampicante è
estremamente violenta e fa scomparire ogni attività del neurone di Purkinje,
come fu dimostrato già nel 1964 da Eccles, Sasaki e Llinas.
Le fibre muscoidi, al contrario, eccitano numerose cellule di Purkinje,
formando solo poche sinapsi su ciascuna di esse, e le raggiungono sempre con l’intermediazione
dei piccoli interneuroni detti granuli.
Una descrizione anche sintetica dell’organizzazione funzionale della
corteccia del cervelletto richiederebbe uno spazio di dimensioni sproporzionate
in rapporto al testo e all’oggetto dell’articolo, per cui si rimanda alle
trattazioni di neuroanatomia funzionale, corredate da immagini che consentono
la comprensione dei rapporti reciproci fra cellule e dell’organizzazione
spaziale di questi sistemi neuronici[10].
All’interno della struttura del
cervelletto le lamine midollari confluiscono formando una massa di sostanza
bianca centrale che contiene i tipici quattro nuclei pari: dentato, globoso,
emboliforme e nucleo del tetto.
Il nucleo dentato è il più grande
e laterale dei nuclei, e si presenta come una lamina di neuroni irregolarmente
ripiegata, che racchiude una massa di fibre principalmente costituite da assoni
e dendriti dei neuroni dentati; queste cellule sono di media grandezza (20-30
micron). La sua forma ricorda quella di una borsetta di pelle con l’apertura
rivolta in direzione mediale, e corrispondente all’ilo del nucleo che
contribuisce alla costituzione del peduncolo cerebellare superiore.
Il nucleo globoso (o n.
posteriore interposto) è sito medialmente al nucleo emboliforme ed è continuo
con il nucleo del tetto. Come gli assoni del nucleo dentato e dell’emboliforme
le fibre dei suoi neuroni entrano nella costituzione del peduncolo cerebellare
superiore.
Il nucleo emboliforme (o n. anteriore
interposto) è laterale al nucleo globoso e si continua lateralmente con il
nucleo dentato.
Il nucleo del tetto è
localizzato in prossimità della linea mediana, al margine del tetto del quarto
ventricolo. I neuroni di questo nucleo sono prevalentemente di grandi dimensioni
(40-70 micron) e una gran parte dei loro assoni incrocia nella sostanza bianca
della commessura cerebellare[11]. Dopo la loro decussazione, costituiscono il fascicolo uncinato che
passa dorsalmente al peduncolo cerebellare superiore per giungere al nucleo vestibolare
del lato opposto. Le fibre che non incrociano entrano nel nucleo vestibolare
omolaterale; un piccolo contingente ascende verso il peduncolo cerebellare
superiore[12].
La sperimentazione
recente ha fornito dati molecolari a sostegno degli studi che hanno dimostrato
un ruolo del cervelletto nella fisiologia cognitiva, in particolare modulando
il circuito a ricompensa dopaminergico, il linguaggio e il comportamento
sociale.
I nuclei
del cervelletto possono essere definiti sub-strutture che trasferiscono
informazioni elaborate nel cervelletto da questa sede ad altri territori dell’encefalo.
Un elemento caratteristico della specie umana è il notevole sviluppo della
connessione di questi aggregati grigi con la corteccia cerebrale del lobo
frontale[13].
Torniamo ora
allo studio qui recensito.
Il
processo di ripiegamento delle strutture encefaliche, che dà luogo alle
circonvoluzioni cerebrali e alla fine struttura di superficie delle lamine cerebellari
(folia cerebelli), ha un ruolo
importante nello sviluppo e nell’organizzazione funzionale del cervello e del
cervelletto. Lo studio del ripiegamento (folding)
cerebellare è problematico, a causa delle piccole dimensioni e del grandissimo
numero di folia da analizzare; per tale
ragione le peculiarità anatomiche nella nostra specie, così come l’evoluzione
nel corso della filogenesi, sono ancora oggi poco conosciute.
I tre lobi
cerebellari, corrispondenti al verme e ai due emisferi, sono ripartiti da
solchi profondi, detti solchi primari, in lobuli. L’anatomia
classica descriveva 12 o 15 solchi, il più importante dei quali è detto fessura
orizzontale del cervelletto, e anticamente gran solco circonflesso di
Vicq d’Azyr dal nome del grande neuroanatomista[14] che per primo diede una precisa descrizione dell’organo.
Dei solchi meno profondi, detti solchi secondari, dividono i lobuli
in lamine o folia e lamelle. Gli antichi
anatomisti descrissero 26 lobuli: 12 nella parte superiore e 14 in quella
inferiore, ma questa ripartizione non ha rilevanza né fisiologica né clinica.
Nel 1903 Bolk, in base a ricerche di anatomia
comparata ed embriologia, elaborò uno schema (“schema di Bolk”)
di suddivisione razionale con correlati funzionali della corteccia cerebellare,
che sarà poi applicato al cervelletto umano. Edinger propose
invece la distinzione in paleocerebello, presente in tutti i vertebrati
e costituito da verme, flocculo e parte del lobo anteriore, e neocerebello,
tipico dei mammiferi e formato dagli emisferi cerebellari.
Heuer, Traut, Allison de Sousa, Valk, Clavel
e Toro, per studiare il folding cerebellare,
hanno costituito una collezione aperta di dati istologici ottenuti da 56 specie
di mammiferi, e hanno proceduto alla dissezione manuale di cervelletti e
cervelli. Le esigenze della ricerca hanno indotto gli autori a sviluppare
metodi specifici per misurare geometricamente i folia
cerebellari e per stimare lo spessore dello strato molecolare.
I
ricercatori hanno poi usato metodi comparativi filogenetici per indagare
la diversità e l’evoluzione del ripiegamento cerebellare e il suo rapporto con l’anatomia
dell’encefalo. I risultati emersi dallo studio mostrano chiaramente che l’evoluzione
dell’anatomia del cervelletto e del cervello segue un processo di selezione
stabilizzante.
Gli autori
hanno individuato, discusso e descritto 2 ordini di fenotipi, mutanti di
concerto nel corso dell’evoluzione: 1) un gruppo di fenotipi varianti –
rispetto a molti altri – nella dimensione insieme con la taglia corporea; 2) un
gruppo di fenotipi stabili, caratterizzati dal variare meno di un ordine
di magnitudo dal cervelletto di una specie all’altra.
L’analisi
delle 56 specie ha consentito di confermare la nozione classica della forte
correlazione tra volume del cervello e volume del cervelletto in tutte le
specie, e ha mostrato che i cervelletti più grandi sono sproporzionatamente più
ricchi di ripiegature di quelli più piccoli.
Comparando
con le variazioni estreme dell’area superficiale del cervelletto, l’anatomia foliale e lo spessore dello strato molecolare, variavano
solo moderatamente, mostrando un incremento molto minore nei cervelletti di più
grande dimensione.
Heuer e
colleghi hanno discusso come questi risultati possano fornire nuove conoscenze
nella diversità e nell’evoluzione filogenetica della conformazione convoluta
del cervelletto, nei meccanismi adottati dall’ontogenesi embriogenetica e dall’evoluzione
filogenetica per realizzare le pieghe delle circonvoluzioni della corteccia
cerebrale e di lamine e lamelle della corteccia cerebellare, e, infine, hanno
discusso la potenziale influenza di questi processi sull’organizzazione
funzionale di tutto l’encefalo dei mammiferi.
Gli autori
dello studio non propongono propri punti di vista interpretativi dei dati
raccolti, ma discutono con equilibrio tutto quanto emerso da questo
impressionante lavoro di comparazione e analisi; pertanto, si suggerisce a
tutti coloro che siano interessati ad approfondire i rapporti tra stadio evolutivo-filogenetico,
anatomia e fisiologia della corteccia cerebellare, di leggere la discussione
dal testo integrale della pubblicazione originale.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-30 settembre 2023
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata
presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio
2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale
non-profit.
[1] In realtà, come si evince dall’intervista
del 2003 al nostro presidente, i soci più anziani erano al corrente da decenni
delle nuove acquisizioni sul cervelletto. Scorrendo l’elenco delle “Note e
Notizie” dall’inizio agli anni recenti, si trovano decine di interessanti recensioni
di studi su nuovi ruoli neurofunzionali del cervelletto.
[2] Note e Notizie 16-09-23 Interneuroni del cervelletto controllano il
consolidamento mnemonico.
[3] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[4] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[5] Il nome greco θυία vuol dire “cedro” ed è stato dato
per l’odore emanato dal legno di questa pianta. Originaria di Cina, Giappone, Alaska
e regione dei grandi laghi del Nord America, in latino era detta Arbor vitae; come vuole la legge linguistica del
“conservatorismo della periferia”, in America si è mantenuta la forma latina abbandonata
in Europa ed è ancora chiamata arborvitae. L’origine
della denominazione della sostanza bianca cerebellare è riportata nel Trattato
di Anatomia Umana di Testut e Latarjet (vol. III, p. 241, UTET, Torino 1974
e seguenti ristampe), nel quale la translitterazione dal greco è resa con thuya.
[6] Testut e Latarjet, op. cit., vol.
III, p. 242.
[7] Testut e Latarjet, op. cit., ibidem.
[8] Ricordiamo che fu Purkinje, lo
scopritore di queste cellule, che introdusse il termine “cilindrasse” per
denominare l’assone rivestito da mielina nel sistema nervoso centrale e
distinguerlo dai neuriti delle fibre amieliniche.
[9] Llinas R. R., La corteccia del
cervelletto. Le Scienze 81, maggio 1975, ristampato in Il Cervello –
organizzazione e funzioni (a cura di Angelo Majorana), pp. 120-131, Le
Scienze Editore, Milano 1978.
[10] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[11] È interessante notare che non si
tratta di fibre commissurali come quelle del cervello, dove il corpo calloso,
ad esempio, connette punti omotopici dei due emisferi. Anche se si chiamano
commissurali, le fibre del cervelletto semplicemente attraversano la linea
mediana, ma hanno una diversa identità morfo-funzionale.
[12] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[13] Questo richiamo sintetico all’anatomia
cerebellare si trova anche in Note e Notizie
15-10-22 Il cervelletto nella memoria emozionale, in cui si recensisce un interessante studio di Matthias Fastenrath e colleghi.
[14] Felix Vicq d’Azyr fu anche lo
scopritore del claustro, del locus coeruleus, del locus niger,
del tratto mammillo-talamico e della banda eponima, e
fu il fondatore della neuroanatomia comparata: la sua teoria dell’omologia
in biologia fu poi un cardine del pensiero evoluzionista. Medico personale
della regina Maria Antonietta all’epoca della Rivoluzione francese, fu ucciso in
circostanze mai chiarite nel 1794, durante il periodo del Terrore.